Castello di Aymavilles, Sala dell'oreficeria e dell'arte sacra (© RAVA, foto )
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La collezione dell'Académie Saint-Anselme

L'Académie possiede una collezione di oggetti datati dall'antichità al XX secolo, tra cui monete, medaglie, reperti archeologici, rarità del mondo naturale e manufatti d'arte.

Genesi, natura e sviluppo della collezione nel corso del XIX secolo

La Société Académique religieuse et scientifique du Duché d'Aoste sotto il patronato di sant'Anselmo nasce, come si legge al primo articolo del suo Statuto, « pour encourager et propager les études religieuses et scientifiques ».

L'allocuzione pronunciata dal presidente Gal alla prima seduta generale, il 26 aprile 1855, sottolineava il profondo legame tra la vera religione, che «n'a d'ennemies que l'ignorance et l'erreur», e la scienza, intesa come alleata della religione nel perseguimento della verità; nello stesso tempo indicava nella nuova istituzione lo strumento per far intervenire i laici nell'elaborazione della cultura, fino ad allora in Valle d'Aosta monopolio quasi esclusivo del clero.

Il campo degli studi che la neonata Société si prefiggeva di approfondire e di divulgare spaziava a 360 gradi in tutti i rami dello scibile, con particolare interesse verso ciò che riguardava direttamente il Duché d'Aoste. L'articolo 2 dello statuto stabilisce che la Société «s'occupe de tout ce qui peut donner une impulsion aux études», in primo luogo la teologia, la liturgia, la storia ecclesiastica e profana, il diritto, ma anche tutte le discipline scientifiche, in particolare l'astronomia, la geologia, la mineralogia, la botanica e l'etnografia e tutte le scienze legate all'esplorazione della montagna, a quell'epoca in piena fase pionieristica; scopo dell'istituzione era anche, come dichiara l'articolo 3, diffondere «tout ce qui peut concourir à la connaissance des monuments historiques tant sacrés que profanes du Duché d'Aoste et autres».

Se la nascita del museo dell'Académie si situa senza dubbio nel solco della museografia locale che ricevette grande impulso nella seconda metà dell'Ottocento, soprattutto dopo l'unificazione nazionale, va sottolineato comunque che esso non costituiva una consapevole proposta museografica, bensì rifletteva gli eterogenei interessi dei donatori (non solo membri della Société, ma anche singoli cittadini che aderivano dall'esterno al programma culturale dell'istituzione), componendo nel suo insieme il mosaico della variegata cultura di un'epoca e dei suoi protagonisti.

Grazie alla propensione particolare verso la storia e l'archeologia, coltivate con grande competenza e passione da numerosi membri, i reperti archeologici e numismatici erano l'oggetto privilegiato della raccolta. Tuttavia il museo non si pose in competizione con le istituzioni pubbliche per la raccolta e la conservazione dei reperti, individuabili a quell'epoca nel Regio Museo di Antichità di Torino per i materiali archeologici e nel neonato Museo Civico di Torino per le opere del patrimonio storico-artistico: spesso quelli che confluivano all'Académie erano, infatti, oggetti più modesti rispetto ai materiali rari e preziosi pervenuti nelle collezioni pubbliche a seguito degli scavi.

Fin dalle prime sedute cominciarono a pervenire alla Société libri, documenti e oggetti che avrebbero costituito il primo nucleo, rispettivamente, della biblioteca e del museo, per il quale si provvide subito, inoltre, a nominare un direttore: dapprima il canonico della cattedrale Paul-Louis Gerbore (1855-58), successivamente il canonico Jean-Pierre Carrel assieme al canonico della cattedrale Édouard Bérard (1858-1861), il canonico Carrel da solo (1861-67), il professor Laurent Sevez (1867) e, dopo il trasferimento di quest'ultimo a Firenze, il canonico della cattedrale Paul Gavard, professore del Seminario (1868-1903). Al direttore spettava il compito, svolto in un primo tempo dall'archivista-bibliotecario, di prendere in carico gli oggetti donati e di registrarne i dati relativi alla provenienza, pubblicati poi nei Comptes-rendus delle riunioni. Alcuni pezzi particolarmente importanti erano presentati al pubblico dagli stessi donatori, che ne illustravano ampiamente le circostanze del loro rinvenimento e il contesto di origine, fornendo informazioni oggi per noi preziose; non sempre, tuttavia, disponiamo di documenti precisi sulle acquisizioni, per cui è difficile risalire al donatore e, tanto meno, alla provenienza di molti degli oggetti che costituiscono la collezione.

Assieme a oggetti antichi di scavo, che nell'Ottocento il territorio valdostano restituiva generosamente un po' ovunque, si annoverano fra i doni anche documenti antichi, autografi e suppellettili scampate alle distruzioni e alle selvagge campagne di rinnovamento dell'arredo ecclesiastico, non meno che alle razzie degli antiquari, che caratterizzarono il XIX secolo. Ma questi materiali non erano i soli ben accetti per il museo, che accoglieva «avec reconnaissance tout autre don qui pourrait intéresser la science». Compaiono così, spesso in relazione ai dotti mémoires presentati, anche molti campioni di minerali, fossili, conchiglie, erbari, sementi di piante esotiche per fare esperimenti di acclimatazione e svariate curiosità ancora legate a un collezionismo da Wunderkammer (si veda la lista dei doni sul "Bulletin de l'Académie Saint-Anselme", IX, 2007, pp. 91-121).

La collezione Gal

Questa raccolta eterogenea dovette assumere maggior consistenza dopo aver inglobato la collezione di Jean-Antoine Gal, animatore e primo presidente dell'Académie dal 1855 fino alla morte, avvenuta nel 1867.

Nel corso degli anni Gal aveva radunato una ricca collezione archeologica alla quale Édouard Aubert (La Vallée d'Aoste, 1860) dedica alcune pagine, corredate da incisioni. Il priore la mise fin da subito a disposizione dei membri della Société, i quali, presentandone i pezzi più significativi, avevano modo di esporre e confrontare le proprie conoscenze, alimentando uno stimolante dibattito culturale. Il passaggio all'Académie, dopo la morte del proprietario, ci appare come la naturale destinazione di un insieme di oggetti non certo raccolti per il gusto del possesso personale, né per la loro bellezza o il loro valore commerciale, ma piuttosto considerati, coerentemente con gli ideali di fondo della Société, documenti per l'elaborazione della storia locale.

Poiché non se ne conserva un inventario, non si conosce con esattezza la consistenza originaria della collezione, né si sa se essa sia giunta interamente all'Académie, cui il priore aveva donato in precedenza la sua raccolta di minerali e di fossili, « quelques objets d'art » non meglio specificati e varie monete. Tra i pezzi di sicura provenienza dalla collezione Gal figurano varie lucerne romane, due tavolette votive in bronzo con iscrizioni, un bronzetto con testa maschile e numerosi sigilli.

La dispersione del patrimonio

Il problema della dispersione del patrimonio storico-artistico locale aveva in quegli anni una rilevanza centrale, mobilitando anche gli sforzi dell'Académie. Oltre alla costante attività di studio dei monumenti storici si ricorderà, a questo proposito, che la Société intervenne nel 1869-70 per scongiurare la vendita all'incanto del priorato di Sant'Orso, minacciato di soppressione, e si prodigò – ahimé invano – per salvare il campanile romanico del priorato cluniacense di Sainte-Hélène a Sarre, distrutto nel 1873.

Diversi membri erano convinti della necessità che il museo divenisse l'ente deputato alla raccolta delle memorie storiche del territorio, promuovendo gli scavi archeologici e provvedendo all'acquisto di tutti i reperti disponibili sul mercato. Il progetto non andò in porto, pertanto l'auspicata crescita istituzionale non avvenne e il museo continuò ad accorpare senza un preciso disegno di sviluppo materiali eterogenei, pervenuti via via attraverso reperimenti casuali, donazioni o necessità di tutela. Anche i numerosi cambiamenti di sede susseguitisi nel tempo, oltre a favorire probabilmente la dispersione di un certo numero di oggetti, non hanno consentito una duratura sistemazione della collezione.

Il XX secolo e la donazione Noussan

Col passare del tempo il museo sembra assumere una posizione secondaria rispetto alla biblioteca e diventa via via più difficile seguirne le vicende attraverso le informazioni, sempre più scarse, fornite dai bollettini. Forse in concomitanza della progressiva affermazione di un apparato statale con compiti di tutela sempre più massicciamente strutturato e dotato di organi di controllo periferici, viene meno, infatti, l'urgenza di ampliare in senso pubblico la responsabilità del museo nella conservazione e nella raccolta degli oggetti del patrimonio locale, necessità che era stata così vivamente sentita e caldeggiata dagli antichi promotori dell'Académie.

Nel XX secolo i doni si fanno sempre più rari; o, per lo meno, non vengono segnalati nei rendiconti dell'attività societaria, indubbiamente turbata dalle lunghe pause imposte dagli eventi bellici e, negli anni Trenta, dalle vicende legate all'avvento del fascismo. Curiosamente non compare traccia nei bollettini neanche del più importante lascito novecentesco, quello effettuato nel 1931 dal canonico Dominique Noussan. Appassionato collezionista di archeologia, di libri e soprattutto di arte, conosceva molto bene l'ambiente antiquario e aveva, d'altra parte, una vasta rete di relazioni tanto nel mondo ecclesiastico quanto in quello laico, che gli consentivano di trovare senza difficoltà oggetti e mobili interessanti da acquistare.

Nel 1931 – in occasione dei festeggiamenti per i suoi 55 anni di appartenenza alla Société – donò al museo 55 oggetti, elencati e corredati di notizie sulla loro provenienza in un inventario redatto il 12 novembre di quell’anno e allegato all’atto della cessione. La donazione riunisce ecletticamente sculture, dipinti, oreficerie, mobili, armi, ma anche oggetti d'uso e manufatti di produzione popolare. Fa parte del lascito Noussan uno dei pezzi più significativi presenti nel museo, l'altorilievo in alabastro gessoso di Santa Caterina proveniente verosimilmente dalla cappella dei Sarriod nella chiesa parrocchiale di Introd, uscito dalla bottega del principale scultore del primo Quattrocento valdostano, Stefano Mossettaz.

Il problema della sistemazione della collezione si ripresenta alla metà degli anni Trenta, quando l'Académie è costretta a lasciare i locali della cattedrale che aveva occupato per più di mezzo secolo: da allora il museo sarà spostato continuamente da una sede all'altra, seguendo le vicissitudini dell'Académie « qui a connu, en ces dernières années, tant de fâcheuses vicissitudes en trasportant ses livres, ses meubles, ses collections et ses objets précieux de maison en maison ». Solo alla fine degli anni Sessanta, nella sede di via Ollietti, il museo riceverà, con la collaborazione di alcuni funzionari della Soprintendenza regionale, un allestimento espositivo destinato alla fruizione pubblica, con la sistemazione in vetrine dei reperti archeologici, allestimento peraltro abbandonato dopo l'ultimo trasferimento della collezione nella sede di via Chambéry.

Nel secondo dopoguerra ricominciano le acquisizioni, anche se non più quantitativamente consistenti come nel passato; in mancanza di un'istituzione museale pubblica locale, l'Académie torna a essere il punto di riferimento per i doni individuali. Tra i donatori figurano non soltanto membri della società, come mons. Aimé-Pierre Frutaz, il prof. Lin Colliard, Robert Berton, mons. Albert-Marie Careggio, ma anche figure esterne, a testimonianza di quanto ancora sia vivo e riconosciuto ancora oggi il prestigio culturale dell'Académie.

La collezione numismatica

Con 2.550 circa esemplari, la raccolta numismatica e sigillografica costituisce il nucleo numericamente e qualitativamente più rilevante della collezione dell'Académie. Inventariata dal prof. Mario Orlandoni alla fine degli anni Sessanta, essa comprende sette serie monetali (gallica; greca; alessandrina; romana repubblicana; romana imperiale; romana d'Oriente; medievale e moderna), medaglie commemorative e religiose, bolle plumbee, calchi e sigilli. La maggior parte del materiale appartiene al contesto valdostano e proviene da scavi archeologici o rinvenimenti occasionali, ma vi sono anche esemplari raccolti come souvenir in terre lontane, come le monete cinesi donate dal priore Gal e dal fratello, l'avvocato Jean-Baptiste. Sono confluiti nella raccolta non solo singoli pezzi, ma anche parti di tesoretti o ripostigli interi, come quello delle monete repubblicane in argento trovato ad Allein nel 1856.

Importanti donazioni si devono al vescovo André Jourdain, che fin dai primi anni di vita dell'Académie offre la sua collezione di oltre 400 monete, e al priore Gal, della cui raccolta facevano parte numerose monete e sigilli; in tempi recenti, nel corso degli anni Ottanta, si deve segnalare la donazione di Anita e Graziella Frutaz, sorelle di mons. Amato Pietro Frutaz.

Formano un interessante nucleo anche le undici medaglie in bronzo di grande formato realizzate dal principale incisore di medaglie e monete del nostro secolo, Pietro Giampaoli, incisore capo presso la Zecca di Stato. Trasferitosi nel 1944 ad Aosta, dove presso le acciaierie Cogne era sorta una sezione distaccata della Zecca, Giampaoli fu introdotto da mons. Boson – allora presidente dell'Académie – nell'ambiente intellettuale locale e dedicò diverse medaglie a personaggi illustri della storia valdostana antica e moderna. Il medagliere dell'Académie conserva quelle riproducenti mons. Boson (due esemplari), sant'Anselmo, san Grato, sant'Orso, il priore Georges e il conte René de Challant, l'abbé Chanoux, l'abbé J.-B. Cerlogne, l'etnografo Jules Brocherel e la guida alpina Emilio Rey.

La collezione dell'Académie oggi

In seguito alla convenzione con l'Amministrazione regionale per il prestito in comodato d'uso per 30 anni della collezione, la maggior parte degli oggetti è esposta al castello di Aymavilles (https://www.castelloaymavilles.it).

Nelle sale della dimora, restituita all'antico splendore dopo lunghi lavori di restauro, le opere del museo dell'Académie hanno preso idealmente il posto della collezione di Vittorio Cacherano Osasco della Rocca – Challant, figlio della contessa Teresa di Challant e ultimo discendente diretto della nobile casata. Nel castello di Aymavilles il conte aveva radunato infatti la sua collezione d'arte, andata dispersa dopo la sua morte, nel 1857.

A testimonianza della vitalità dell'Académie, la sua collezione non cessa di incrementarsi: i doni più recenti fanno bella mostra di sé nei locali della sede di Gressan.